mercoledì 6 luglio 2011

Il copia e incolla di Tremonti

Questo Paese ha molte colpe, ma credo che ci siano cose che non si merita.
L'ultima manovra Tremonti per esempio a mio parere rappresenta proprio una mancanza di rispetto per il Paese.

Non è un momento facile, le istituzioni hanno perso di credibilità e l'economia è in affanno. F

Forse era il caso di una manovra più coraggiosa e di sistema mentre si è scelto di mettere qualche toppa qua e là per recuperare gettito per le sempre più affamate casse dello Stato.

Delega fiscale: dal blog de La Voce una breve analisi ed il confronto con la delega di quasi 10 anni fa: Il Governo ha approvato una bozza di legge delega per la riforma fiscale. Un documento costruito molto in fretta, con pochi ingredienti, dagli esiti distributivi e di gettito assolutamente incerti. Per rimpolparlo si è allora ricorsi al più classico "copia e incolla" dalla legge delega presentata da Tremonti nel 2001, approvata dal Parlamento nel 2003 e poi largamente non esercitata. Come se nulla, nel frattempo, fosse cambiato nel sistema fiscale erariale, regionale e locale. Il tema del fisco è delicato. Di improvvisazione e pressappochismo non c'è proprio bisogno.

Regime dei minimi: ne abbiamo già parlato qui su agevolazioni e distorsione del mercato

Concessioni: riduzione dell'ammortamento all'1% indipendentemente dalla durata delle concessioni e quindi svincolandolo dal criterio civilistico con il rischio (certezza) di maggiori costi sui cittadini

Sanzioni fiscali al privilegio: che significa falcidia del chirografo e difficoltà a presentare concordati preventivi.

Tassa sul risparmio: L’economista Luigi Zingales ha calcolato che tra imposta di bollo a 120 euro e ritenuta (12,5%) un risparmiatore con 10mila euro in titoli che abbiano un rendimento nominale del 3% «paga 180 euro all’anno in imposte pari al 60% del proprio reddito nominale e 180% del proprio rendimento reale (assumendo un tasso di inflazione pari al 2%)». Cioè: uno presta soldi allo Stato e anziché guadagnarci ci perde. Non solo. Secondo lo stesso economista, «un risparmiatore con 30mila euro in titoli paga il 33% del proprio reddito nominale e 100% del proprio rendimento reale; un risparmiatore con 100mila euro in titoli paga il 24% del proprio reddito nominale in imposte e il 72% del proprio rendimento reale». Chi più ha meno paga

Non entro poi sui tagli alle pensioni (non aveva più senso aumentare l'età pensionabile?) e sui mancati tagli ai costi della nostra burocrazia o sulle norme salva fininvest.


Sia chiaro, io sono per tagli pesanti, riduzione del personale e contemporaneo aumento della spesa per investimenti.

Soprattutto credo che riforme a costo zero si possano fare, dalle liberalizzazioni e i costi standard su sanità e acquisti. Ridurre gli adempimenti burocratici a volte vale di più di qualche minima agevolazione.

L'imprenditore non deve aver bisogno del commercialista per fare le sue scelte imprenditoriali, deve poter valutare la sua strategia e l'impatto fiscale della stessa con leggi semplici, segnando i numeri su un foglio di carta al bar.

Lo spesometro è davvero necessario? le complicazioni sulle agevolazioni 36% e 55%? la miriade di deduzioni/detrazioni? i mille accertamenti per scovare il nero?

Ma possibile che non si incentivi l'uso delle carte di credito? possibile che questo Stato emetta banconote da 500 euro? ma secondo voi servono per pagare i caffè al bar?

Ma non avrebbe più senso far risparmiare alle imprese un pò di costi di burocrazia e rispettarle un pò di piu? Come contribuente e come professionista da troppo tempo non mi sento più rispettato.

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1 commento:

Giuseppe D'Andrea ha detto...

Dobbiamo ammettere che il dinamismo non è di casa nel BelPaese si preferisce il "mantenimento" di privilegi/situazioni di fatto/rendite di posizione anacronistiche.
La legge è il riflesso di questo quadro sconnesso, chi ha la fortuna (disgrazia?) di conoscere un po di diritto amministrativo/tributario ed un po di procedura si rende conto di quanto si cervellotico il nostro ordinamento e di come sarebbe possibile "rivoluzionare" profondamente il quadro eliminando alcuni mostri normativi di derivazione ottocentesca e rimodulando leggi che hanno il solo scopo di complicare la vita alla cittadinanza.

Ovviamente fare questo significherebbe entrare nel terzo millennio e lasciarci alle spalle un epoca di furbizie e di irresponsabilità diffuse, questo contribuirebbe insieme alle necessarie privatizzazioni e razionalizzazioni a creare il terreno fertile per la ricrescita della nazione. Il problema è che i liberi professionisti validi, gli imprenditori "non oligarchici" non hanno praticamente voce in capitolo nei partiti, sono troppo indaffarati ed oberati per occuparsi di politica, in generale sono soli e non rappresentati, in pratica sono deboli e facile bersaglio dello Stato.

Quando sarà che anche noi alzeremo la voce per rimettere al suo posto uno stato che si atteggia a "GodFather"? Non è forse giunto il momento di organizzarci prima di essere schiacciati da qualche nuovo "pifferaio magico"

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