La situazione finanziaria di molte imprese si fa sempre più grave. Inutile richiamare i numerosi articoli di giornale sull'argomento. Interessante osservare che finalmente l'orientamento della giurisprudenza (per ora solo quella di merito in realtà) si stia aprendo a meglio comprendere la situazione in cui operano le imprese.
Attenzione però a non sottovalutare la ratio della sentenza illudendosi di una sanatoria che non è nelle intenzioni dei giudici.
Il Tribunale di Novara con sentenza del 20.3.2013 sostiene
che non è ravvisabile il dolo se non si sono pagate le imposte a causa di
fattori completamente estranei al
controllo dell’imprenditore.
Questa sentenza pare mitigare il ben più severo orientamento
della Cassazione nei confronti degli omessi versamenti.
Al riguardo, non sfuggendo che autorevole dottrina ha
ritenuto di individuare nel sopraggiungere di una crisi di liquidità di
dimensioni importanti (qual è quella che esita, senza soluzione di continuità,
nello scioglimento e messa in liquidazione dell'ente) una sorta di "forza
maggiore" che esclude la volontà del sostituto d'imposta di omettere il
versamento delle ritenute. Ora, con ciò non si intende certo affermare che, a
tali fini, possa assumere rilevanza ogni situazione di crisi finanziaria, per
quanto di dimensioni considerevoli, ma, eventualmente, solo quella determinata
da fattori tutt'affatto estranei alla sfera di controllo dell'imprenditore, e
in alcun modo riconducibili a una sua mala gestio: in ciò tali da delineare una
sorta di illiquidità non prevedibile né evitabile. China sulla quale,
recentemente, si è incanalata anche parte della giurisprudenza di merito: da
ultimo Trib. Milano, 19 settembre 2012, secondo cui: ai fini
della sussistenza del reato di omesso pagamento di ritenute certificate, non
può desumersi il dolo, nemmeno nella forma eventuale, dal mancato pagamento
tempestivo delle ritenute senza che sia addotta altra circostanza idonea a
fornire autonoma prova della sua sussistenza.
Principio alla stregua del quale i
due citati arresti sono giunti a escludere il dolo del reato di omesso
versamento di ritenute certificate, ad esempio, in capo al sostituto di imposta
che non abbia potuto adempiere all'obbligazione tributaria perché la società di
cui era legale rappresentante affrontava una mancanza di liquidità dovuta a
gravi e non prevedibili inadempimenti da parte di Enti pubblici, pur essendosi
egli attivato per il recupero di quei crediti ed avendo effettuato i versamenti
dovuti non appena in grado di farlo.
Al riguardo, ritiene il Giudicante che un
siffatto modo di ragionare, in quanto proclive a restituire al momento
delibativo della colpevolezza del reato un autonomo spatium vivendi
nell'analisi del reato stesso, in linea con le più evolute concezioni
"tripartita" e "quadripartita", debba essere preferito
rispetto al tradizionale orientamento di legittimità, prono, per converso, a
escludere aprioristicamente la rilevanza, ai fini dell'esclusione del dolo del
reato di cui all'art. 10-bis, della situazione di difficoltà economica o di
crisi di liquidità del soggetto obbligato, senza tuttavia prenderne in
considerazione le cause (orientamento di massima cui è ascrivibile, inter alia,
Cass. Sez. 3, Sentenza n. 47340 del 15/11/2007, secondo cui, sic et
simpliciter: «in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed
assistenziali (art. 2, D.L. 12 settembre 1983, n. 463, conv. con modifiche in
L. 11 novembre 1983, n. 638), ai fini della punibilità dell'agente è
sufficiente il dolo generico, consistente nella volontarietà dell'omissione. Ne
consegue che, accertata tale volontarietà, non è necessaria una esplicita
motivazione sull'esistenza del dolo»).
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