lunedì 21 febbraio 2011

I tempi della crisi d'impresa.

(Foto: Fisserman / Flickr)
Sempre più spesso vengo chiamato ad assistere imprenditori in difficoltà. E troppo spesso vengo chiamato tardi.

Fare impresa in Italia in questi anni è una strada in salita, cambiano le regole e cambiano i mercati.

Purtroppo stiamo affrontando una crisi non solo ciclica ma anche strutturale.

L'imprenditore rischia di essere vittima dell'illusione di farcela sempre e comunque e l'inerzia nel prendere decisioni porta a dover affrontare situazioni complicate sia dal punto di vista aziendale che dal punto di vista delle responsabilità personali.

Riporto qualche appunto, sicuramente banale, ma che riassume situazioni ed equivoci che continuo a ritrovare nella mia esperienza professionale:
  • Dialogo: il confronto con altri imprenditori, con l'associazione di categoria, con avvocati e commercialisti è importante. L'imprenditore deve sollecitarlo costantemente. Chiudersi in se stessi di fronte alla crisi non fa altro che aggravarla. 
  • Bilancio: il bilancio di esercizio deve essere prima di tutto uno strumento di gestione e controllo aziendale. Ingannando gli altri si rischia di finire ad ingannar noi stessi, impedendo efficaci azioni di ristrutturazione aziendale.
  • Collegio sindacale: viene vissuto come un obbligo di legge. Deve invece diventare una risorsa per l'impresa. I sindaci per primi devono aiutare l'impresa a definire i tempi della crisi. Il dialogo è importante, altrimenti resta solo il costo.
  • Banche: la gestione finanziaria va monitorata con attenzione. Le ristrutturazioni richiedono investimenti e tempi di realizzazione che succhiano risorse all'azienda prima di ottenere gli effetti sperati.
  • Tutela del patrimonio: l'imprenditore deve entrare nell'ottica di separare il suo patrimonio dalla vita dell'azienda. Monitoraggio di impegni e fidejussioni personali è fondamentale.
  • Responsabilità dell'Ammministratore: i membri di un cda hanno responsabilità derivante dalle proprie azioni, ma anche derivante dal non aver vigilato su quanto fatto dagli altri membri. Un corretto dialogo con il collegio sindacale riduce i rischi personali che spesso sono sottovalutati.
  • Rapporto famiglia e impresa: sono due realtà che devono restare distinte. L'impresa non ha l'obbligo di dar lavoro a tutti i parenti dell'imprenditore.
  • L'illusione del compenso: l'imprenditore vive grazie alla sua impresa, spesso tarda ad accettare la crisi per mantenere i compensi, dimenticando che in cambio di un piccolo reddito oggi rischia di perdere tutto il suo patrimonio domani.
  • Non pagar le imposte: spesso in situazioni di crisi l'impresa cede alla tentazione di non pagar le imposte, convinta di poter sanare la situazione in seguito. Ci si dimentica troppo spesso che se poi non si trovano le risorse si rischia di dover fare i conti con il penale tributario.
  • la fuga dei dipendenti: quando i segnali di crisi diventano evidenti si assiste ad una pericolosa fuga delle risorse migliori che:
    • nel settore commerciale impoverisce l'azienda dell'avviamento;
    • nel settore amministrativo/contabile porta all'inadeguatezza della struttura amministrativa che spesso si traduce in un aggravio di responsabilità in capo all'amministratore (contabilità inattendibile, dichiarazioni non inviate, ecc) ed all'impossibilità di ricorrere a soluzioni come il concordato preventivo.
Tutto questo può essere evitato solo se l'impresa risconosce le sue difficoltà e trova il coraggio di affrontarle tempestivamente.

Coraggio che deve avere anche il consulente nel rapporto con l'impresa, a costo di perdere il cliente.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Tutto vero, purtroppo la maggior parte non vogliono ammettere i loro limiti e affidarsi a persone che non siano della famiglia.
Pensano di risparmiare risorse e ne buttano a vagoni.

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