sabato 26 febbraio 2011

Corporate governance e quote rosa


Margaret Thatcher
 In questi giorni è in corso in parlamento la discussione sul Ddl n. 2482, " Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati".


La finalità generale del provvedimento è quella di incentivare e di sostenere la partecipazione delle donne alla vita economica e sociale del Paese.

Si vuole promuovere l'eguaglianza di genere negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati e delle società a partecipazione statale assicurando al genere meno rappresentato almeno un terzo dei:
  • Membri del consiglio di amministrazione;
  • membri effettivi del collegio sindacale.
Nelle intenzioni dei proponenti queste norme dovranno essere applicabili a:
  • società quotate in mercati regolamentati;
  • società a capitale interamente pubblico o misto, controllate da pubbliche amministrazioni e non quotate in mercati regolamentati.
Ampia discussione in questi giorni in parlamento sulle sanzioni partendo da quelle pecuniarie (secondo molti poco efficaci) fino a giungere alla decadenza del consiglio di amministrazione e degli organi di controllo delle società che non si uniformeranno al dettato normativo.

Mi trovo d’accordo con Alessandro De Nicola su ilSole24ore quando sostiene che le quote rosa “sono un attentato alla libertà personale e d'impresa (e ledono il principio costituzionale di eguaglianza, …).”

Mi chiedo però se il tema non meriti un maggior dibattito pubblico, oggi principalmente confinato alle categorie interessate (forse fin troppo interessate).

Le pari opportunità rappresentano una grande opportunità per il nostro Paese e poggiano sui più solidi principi liberali.

Le donne meritano sicuramente una maggiore rappresentanza, è lo strumento che contesto.

Sicuramente è necessario lasciare liberi gli azionisti privati di decidere da chi far governare e controllare le loro aziende. La tutela della proprietà privata deve restare (o forse diventare?) un principio intoccabile del nostro ordinamento.

Differente invece appare il caso delle società a capitale pubblico o comunque controllate da pubbliche amministrazioni. In questo caso, pur restando contrario allo strumento legislativo, sono maggiormente aperto ad un confronto ma aprendolo anche ai partiti politici ed associazioni sindacali.

In sintesi ritengo che debba essere sempre e comunque la meritocrazia l’unico criterio a cui ispirarsi.

Auspicabili invece interventi atti a favorire le donne tutelandone il diritto alla maternità (asili nido, ecc…).

Quello che trovo davvero triste invece è che di questo tema non si parli di più, sensibilizzando l’opinione pubblica, stimolandola con convegni e dibattiti televisivi. Pro o contro è fondamentale parlarne e non diluire nel tempo e nei contenuti una questione che rimane importante per la vita economica del Paese.

Il silenzio rischia di diventare una ammissione di colpa.

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giovedì 24 febbraio 2011

Bilancio 2010: check list per la revisione contabile

In seguito alla continua evoluzione dei principi contabili la redazione dei bilanci è diventata sempre più complessa e, di conseguenza è aumentata la responsabilità dei revisori.

Per questo motivo rivelano grande interesse le liste di controllo del lavoro svolto redatte ed emanate da Assirevi.

Il revisore o la società incaricata del controllo contabile deve:
  1. verificare, nel corso dell'esercizio e con periodicità almeno trimestrale, la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione;
  2. verificare se il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato corrispondono alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e se sono conformi alle norme che li disciplinano;
  3. esprimere con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto.
L’Assirevi a gennaio 2011 ha predisposto utilissime liste di controllo dei principi di redazione del bilancio d’esercizio realizzando una guida per il revisore legale e per le imprese, nella redazione e successivamente nel controllo del bilancio.
L’utilizzo, avendo le liste carattere generale, resta alla discrezionalità del professionista incaricato del controllo contabile, ma il lavoro svolto è assolutamente molto interessante.

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E voi, perchè mi avete creduto?

"Anche a me di rado sale dal petto un impeto contro di lui al pensiero della rovina a cui ha portato l'Italia e della corrutela profonda che lascia nella vita pubblica (...) Ma pure rifletto talvolta che ben potrà darsi il caso che i miei colleghi in istoriografia... fors'anche lo esalteranno. Perciò mentalmente m'indirizzo a loro, colà, in quel futuro mondo che sarà il loro, per avvertirli che lascino stare, che resistano alla seduzione delle tesi paradossali e ingegnose e 'brillanti', perchè l'uomo, nella sua realtà, era di corta intelligenza, correlativa alla sua radicale deficienza di sensibilità morale, ignorante, di quella ignoranza sostanziale che è nel non intendere e non conoscere gli elementari rapporti della vita umana e civile, incapace di autocritica al pari che di scrupoli di coscienza, vanitosissimo, privo di ogni gusto in ogni sua parola e gesto, sempre tra il pacchiano e l'arrogante. Chiamato a rispondere del danno e dell'onta in cui ha gettato l'Italia, con le sue parole e la sua azione e con tutte le sue arti di sopraffazione e di corruzione, potrebbe rispondere agli italiani come quello sciagurato capopolo di Firenze, di cui ci parla Giovanni Villani, rispose ai suoi compagni di esilio che gli rinfacciavano di averli condotti al disastro di Montaperti: "E voi, perchè mi avete creduto?"

Benedetto Croce, Diari, 2 dicembre 1943

lunedì 21 febbraio 2011

Libia: tempo di svalutazione crediti

La Libia ed i paesi del nord africa sono in fiamme.

Il Sole24ore: Libia nel caos, in fiamme il palazzo del governo. Finmeccanica, Bp e Statoil rimpatriano i dipendenti

Non si riesce bene a comprendere quale sarà il futuro, democrazia (come molti sperano soprattutto tra i giornalisti italiani) o instabilità e rischio di fondamentalismo islamico (come i meno romantici temono).

Cosa accadrà al petrolio italiano? Ai nostri campioni nazionali ed ai loro investimenti? ma soprattutto cosa accadrà alle commesse ed ai crediti delle molte PMI italiane che nella stabilità di quei paesi, anche grazie alle sponsorizzazioni del nostro governo, avevano creduto?

E' tempo di bilanci e temo di svalutazione crediti.

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I tempi della crisi d'impresa.

(Foto: Fisserman / Flickr)
Sempre più spesso vengo chiamato ad assistere imprenditori in difficoltà. E troppo spesso vengo chiamato tardi.

Fare impresa in Italia in questi anni è una strada in salita, cambiano le regole e cambiano i mercati.

Purtroppo stiamo affrontando una crisi non solo ciclica ma anche strutturale.

L'imprenditore rischia di essere vittima dell'illusione di farcela sempre e comunque e l'inerzia nel prendere decisioni porta a dover affrontare situazioni complicate sia dal punto di vista aziendale che dal punto di vista delle responsabilità personali.

Riporto qualche appunto, sicuramente banale, ma che riassume situazioni ed equivoci che continuo a ritrovare nella mia esperienza professionale:
  • Dialogo: il confronto con altri imprenditori, con l'associazione di categoria, con avvocati e commercialisti è importante. L'imprenditore deve sollecitarlo costantemente. Chiudersi in se stessi di fronte alla crisi non fa altro che aggravarla. 
  • Bilancio: il bilancio di esercizio deve essere prima di tutto uno strumento di gestione e controllo aziendale. Ingannando gli altri si rischia di finire ad ingannar noi stessi, impedendo efficaci azioni di ristrutturazione aziendale.
  • Collegio sindacale: viene vissuto come un obbligo di legge. Deve invece diventare una risorsa per l'impresa. I sindaci per primi devono aiutare l'impresa a definire i tempi della crisi. Il dialogo è importante, altrimenti resta solo il costo.
  • Banche: la gestione finanziaria va monitorata con attenzione. Le ristrutturazioni richiedono investimenti e tempi di realizzazione che succhiano risorse all'azienda prima di ottenere gli effetti sperati.
  • Tutela del patrimonio: l'imprenditore deve entrare nell'ottica di separare il suo patrimonio dalla vita dell'azienda. Monitoraggio di impegni e fidejussioni personali è fondamentale.
  • Responsabilità dell'Ammministratore: i membri di un cda hanno responsabilità derivante dalle proprie azioni, ma anche derivante dal non aver vigilato su quanto fatto dagli altri membri. Un corretto dialogo con il collegio sindacale riduce i rischi personali che spesso sono sottovalutati.
  • Rapporto famiglia e impresa: sono due realtà che devono restare distinte. L'impresa non ha l'obbligo di dar lavoro a tutti i parenti dell'imprenditore.
  • L'illusione del compenso: l'imprenditore vive grazie alla sua impresa, spesso tarda ad accettare la crisi per mantenere i compensi, dimenticando che in cambio di un piccolo reddito oggi rischia di perdere tutto il suo patrimonio domani.
  • Non pagar le imposte: spesso in situazioni di crisi l'impresa cede alla tentazione di non pagar le imposte, convinta di poter sanare la situazione in seguito. Ci si dimentica troppo spesso che se poi non si trovano le risorse si rischia di dover fare i conti con il penale tributario.
  • la fuga dei dipendenti: quando i segnali di crisi diventano evidenti si assiste ad una pericolosa fuga delle risorse migliori che:
    • nel settore commerciale impoverisce l'azienda dell'avviamento;
    • nel settore amministrativo/contabile porta all'inadeguatezza della struttura amministrativa che spesso si traduce in un aggravio di responsabilità in capo all'amministratore (contabilità inattendibile, dichiarazioni non inviate, ecc) ed all'impossibilità di ricorrere a soluzioni come il concordato preventivo.
Tutto questo può essere evitato solo se l'impresa risconosce le sue difficoltà e trova il coraggio di affrontarle tempestivamente.

Coraggio che deve avere anche il consulente nel rapporto con l'impresa, a costo di perdere il cliente.

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lunedì 14 febbraio 2011

Il primo bene di un popolo è la sua dignità

Questa immagine postata da Roberta Milano riassume ciò che avrebbe dovuto essere la manifestazione "se non ora quando".

E' una manifestazione che non mi ha del tutto convinto, un pò partigiana, un pò organizzata dalle ex ragazze sessantottine.

Forse è la mia storica diffidenza verso la piazza che mi porta a queste conclusioni, ma trovo che le critiche alla mancanza di morale borghese dovrebbero generarle soprattutto gli anticorpi liberali di chi borghese si è sempre rivendicato.

Lo stesso slogan: "se non ora quando" mi porta a rispondere che forse tutto ciò si sarebbe dovuto fare prima.
L'iscritta al PDL di Milano che ha raccolto le firme contro la Minetti ha avuto il coraggio di mettersi contro il suo partito, molto più coraggio delle donne di sinistra che si sono mobilitate solo ora senza rischiare di perder nulla.

E poi siam sicuri che lo sdegno debba essere soprattutto femminile?
Quello che ha colpito soprattutto alcuni amici e me è stato soprattutto:
  • lo spregio della meritocrazia: indicando la Minetti si è tolto un posto a qualcuno di più meritevole, uomo o donna che fosse;
  • lo spreco di denaro pubblico: se tutto sarà confermato sono stati pagati vizi privati con soldi pubblici;
  • un' istituzione di questo Paese ha pagato delle persone a vario titolo evadendo le imposte;
  • Un governo paralizzato dalle vicende personali e da ricatti veri o presunti.
Ma quello che i vecchi borghesi che frequento non perdonano al premier è la frequentazione di Lele Mora, ma questo è perchè siam dei vecchi bacchettoni.

Questa foto invece raccoglie la forza di una cultura. E' stata scattata alla manifestazione tenuta a Cuneo e si vede tutta la cultura liberale che quella città non ha mai dimenticato:
  • A manifestare è un uomo, togliendo la protesta dal ghetto femminile. Quello che accade riguarda tutti.
  • Porta orgoglioso la bandiera del nostro Paese: è importante ricordarci cosa ci unisce.
  • Incisa una frase semplice ma tagliente del Conte di Cavour: non un avversario politico, ma uno dei padri della Patria a cui questo centro destra dice di ispirarsi. Questo è forse il maggior detonatore di incongruenze di questo governo.
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venerdì 11 febbraio 2011

Legal Marketing: Convegno a SONDRIO

Convegno
11 febbraio 2011
Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili
Via delle Pergole 10 - Sondrio

Marketing e sviluppo del Business, comunicazione e nuovi media: nuovi strumenti per gli studi professionali nel rispetto della deontologia.

Questo pomeriggio sarò ospite dell'ODCEC di Sondrio per raccontare la storia di Studio Panato

La nostra case history è raccontata da Giulia Picchi e Silvia Pavone nel libro "Marketing e management per commercialisti" edizioni Egea - Università Bocconi.

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giovedì 10 febbraio 2011

La mancanza di morale deriva dall'assenza di libero mercato

In questo periodo, leggendo i giornali ed i vari resoconti di incontri tra politici e signorine varie, mi ritorna spesso alla mente un piccolo trafiletto del mio libro di storia delle medie.

Un trafiletto trascurato sia dagli insegnanti sia dagli studenti ma che non so bene per quale motivo mi è sempre restato bene impresso.

Nel paragrafo l'autore analizzava le origini della morale borghese (già dal titolo potete ben immaginare il perchè fosse trascurato dai lettori poco desiderosi di annoiarsi su un argomento cosi scomodo).

In sostanza la morale borghese nasce dalla necessità dell'imprenditore nato dalla rivoluzione industriale di avere almeno dentro casa un ambiente protetto e sereno. Certo il rischio è quello di scadere nel diventar bigotti, ma come non dar ragione al borghese che dopo aver lottato tutto il santo giorno affrontando le burrasche del libero mercato almeno nei confini familiari vuol ritrovare calma e serenità?

La domanda provocatoria è dunque: possibile che l'assenza di morale si manifesti proprio o soprattutto quando questo paese ha deciso definitivamente di rinunciare alla libera concorrenza sia in politica (tutti nominati dal leader) sia in economia (con le privatizzazionei si è smesso di far maglioncini per aver le autostrade, di vender gomme per gestire reti telecom, ecc..)?

Ma forse queste considerazioni è meglio lasciarle tra i ricordi di un bimbo...

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Ritenuta bancaria sulle spese di ristrutturazione

Il Ministero dell'Economia  ha disposto l’applicazione di una ritenuta del 10% sui bonifici effettuati effettuati per il pagamento delle spese di ristrutturazione edilizia e risparmio energetico.

Il riferimento normativo della nuova ritenuta sui bonifici bancari per le spese di ristrutturazione e risparmio energetico è dell’articolo 25 del DL 31 maggio 2010, n. 78.

Il Governo, con un intervento finalizzato almeno nelle intenzioni alla lotta all'evasione, finisce per causare i seguenti effetti distorsivi:
  • Riduce la portata delle agevolazioni 36% e 55%: queste agevolazioni nascono per sfruttare il conflitto di interesse delle parti in causa (privato ed impresa di ristrutturazione) tendendo a fare emergere materia imponibile;
  • Peggiora la gestione finanziaria dell'impresa: Appare però evidente che l'incentivo, viste sia le complicazioni burocratiche sia la dilazione decennale, vede perdere ulteriore interesse anche per la penalizzazione finanziaria in capo all'impresa dovuta alla ritenuta. Queste sono imprese che hanno dovuto affrontare una notevole contrazione di mercato e che si vedono sottrarre finanziariamente spesso proprio il margine della loro attività di impresa;
  • Da fiato alle banche: le banche si vedono da una parte affidare le ritenute e dall'altra vedono le imprese sempre più desiderose di aprire nuovi fidi.
L'Agenzia delle Entrate recentemente ha accolto la richiesta sollevata dalle associazioni di categoria di studiare i margini per una riduzione dell'ammontare della ritenuta d'acconto oggi prevista sull'importo dei bonifici bancari effettuati per gli interventi di ristrutturazione edilizia e risparmio energetico.

Ci piacerebbe poter contare su un governo affidabile e trasparente nei confronti dei cittadini.

La lotta all'evasione si inizia rispettando i patti e soprattutto rispettando chi lavora e fa impresa ogni giorno.

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L’importanza di saper dire dei no.

Fare il commercialista non è sempre facile, a volte è importante saper dire dei no.

Sono le scelte più sofferte quelle che ci identificano come uomini e come professionisti.

E' importante che anche i ragazzi che si avvicinano alla pratica se ne rendano conto.
Quella del commercialista è una bella professione, a volte un po’ faticosa.


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lunedì 7 febbraio 2011

Definire i confini dello Studio: il meglio o niente

Se è vero che la specializzazione è ormai la via da seguire, troppo spesso ci si dimentica di ribadire l'importanza della scelta dei professionisti con cui si collabora.

Collaborare con Studi organizzati e preparati può fare la differenza in una operazione. I tempi non sono solo quelli tecnici ma anche quelli psicologici.

Spesso si parla male dei notai. Dello Studio notarile con cui collaboriamo ormai da anni sono estremamente soddisfatto. Eppure ancora oggi ci sono colleghi che si sorprendono del fatto di poter parlar direttamente col notaio senza dover interfacciarsi coi collaboratori.

Mi capita spesso come perito di lavorare con professionisti diversi (commercialisti, avvocati, notai, ecc..) anche di altre città. Per le operazioni che seguo ho bisogno di una assistenza ed un confronto rapido e frequente. L'atto molto spesso deve essere visto e rivisto ben prima della stipula. La scelta dei professionisti con cui collaborare ti qualifica.

L'immagine che vedete sopra è di un libro che non mi stanco mai di suggerire ai miei clienti ma anche ad amici e professionisti. Lo trovate anche in edizione economica. Son soldi ben spesi.

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sabato 5 febbraio 2011

La deontologia è il miglior strumento

In questi ultimi mesi sto girando per i vari Ordini dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili con una tavola rotonda per discutere di marketing e deontologia. Venerdì 11 febbraio sarò ospite dell'Ordine di Sondrio.

Tra i principali relatori con cui ho il piacere di confrontarmi l’avv. Remo Danovi, padre della deontologia forense. Età ed esperienze ci dividono, ma resto sempre stupito dalla sintonia sui temi fondamentali.

E’ vero, il marketing e l’organizzazione degli studi sono temi entrati prepotentemente nel dibattito quotidiano. È anche vero però che forse cambiano gli strumenti ma non gli obiettivi. Internet in fondo ci aiuta a comunicare di più, a volte anche meglio ma non sempre.

Analizzando a fondo il nostro operato di professionisti ci rendiamo conto che la deontologia in se è un formidabile strumento di marketing.

La correttezza nei confronti di colleghi e clienti è la miglior fonte di passaparola positivo.

Gli studi professionali rappresentano sempre più sistemi aperti fortemente integrati con altre organizzazioni. Le norme deontologiche non sono fini a se stesse, se correttamente interpretate, ma atte a conservare e rafforzare i rapporti nel lungo periodo.

Probabilmente andrebbero solo un po’ adeguate all’evolversi dei tempi e degli strumenti di comunicazione. Certo il richiamo alla deontologia deve essere sincero, troppo spesso negli ultimi tempi è stata utilizzata come alibi per difendere interessi di categoria. Gli Ordini e le associazioni dovrebbero impegnarsi molto di più nel creare una comunicazione coerente sia verso gli iscritti sia verso i clienti/contribuenti.

Un cliente preparato è una ricchezza per tutto il sistema economico.

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