Chi mi legge sa che non sono particolarmente entusiasta del funzionamento di Ordini professionali, ecc… troppo spesso complici, se non di incrementare la burocrazia, certamente di omessa denuncia (in concreto intendo, al di là del comunicato stampa di maniera).
Per contrasto, dopo le
numerose critiche, mi piace portare qualche esempio di iniziativa che ha una
ricaduta positiva non solo sui professionisti iscritti che devono applicare la
normativa, ma anche sulle imprese e sui contribuenti in generale.
Con la denuncia del 1 giugno 2009 n.6 l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed esperti contabili ha chiesto alla Commissione europea di verificare la compatibilità della normativa italiana sull'esterovestizione, l’illegittimità comunitaria, cioè, della presunta residenza fiscale in italia di società ed enti avente la sede in altro stato comunitario come prevista dall'art. 73 del D.P.R. n. 917/1986.
E anche se la Commissione ha deciso che il fatto non sussiste ha costretto l'Agenzia a chiarire che “la presunzione contenuta nell'articolo 73 facilita il compito del verificatore nell'accertare la residenza effettiva della società estera, ma non lo esonera dal dovere di dimostrare l'esterovestizione. Inoltre, il contribuente può fornire prova a suo discarico e ciò – in base alla risoluzione 312/E/2007 – sulla base di dati documentali e di tutti gli «elementi concreti, da cui risulti, in particolare, il luogo in cui le decisioni strategiche, la stipulazione dei contratti e le operazioni finanziarie e bancarie siano effettivamente realizzate”. Il Sole 24 Ore http://24o.it/l2iWA
Non ho avuto tempo di approfondire leggendo la difesa della Agenzia delle Entrate, ne di valutare in concreto i risultati di questa iniziativa (probabilmente limitati) ma credo che questo sia il giusto modo, da parte delle associazioni di categoria, di contribuire tecnicamente al miglioramento della qualità legislativa e tutto vantaggio dei contribuenti che altro non sono che i nostri clienti.
Mi piacerebbe leggere più spesso di tentativi simili e meno di rivendicazioni e battaglie spesso di retroguardia tese a far certificare al commercialista tutto e tutti (con compensi spesso bassi - il cliente paga bene se il servizio è utile, poco e di malavoglia se è solo burocrazia in più - ed in cambio rischi altissimi) al posto di premere per una semplificazione che non farebbe altro che aiutare anche il Ministero nei controlli.
Mi piacerebbe poter dire sempre più spesso guardando il cliente che la mia categoria sta combattendo battaglie a suo favore, a favore della libertà di fare impresa.
Oggi purtroppo non sempre è così o forse semplicemente si è iniziato troppo tardi a farlo e recuperare nell'immaginario è dura, soprattutto se continuiamo ad associarci nelle nostre rivendicazioni ad altri ordini che operano con tutele ed esclusive a noi sconosciute (notai, avvocati, ecc).
Sarebbe bello che un dialogo anche con confindustria partisse da Milano che essendo la piazza più ricca è anche quella più aperta al cambiamento, per spiegare noi chi siamo e aiutare agli altri a scoprire che se alcune critiche verso la categoria son giuste altre sono viziate da interessi di parte.
Molte battaglie potremmo combatterle insieme.
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